giovedì 3 settembre 2015

CAPITOLO 2. Venerdì 12 Gennaio



Basta questa è l’ultima sigaretta!
Spengo il mozzicone di quest’ultima schifosa sigaretta, schiacciandola sotto il tacco come se dovessi uccidere uno scarafaggio.
U.S. Come scriveva sui muri Italo Svevo.
Questa è l’ultima sigaretta, giuro, l’ultima.
Chissà perché mi sono iscritta al corso del Sert.
Forse è stato per mio figlio, che appena vede i pacchetti di sigarette in casa me li butta e visto che, da vera tossica, li recupero dalla spazzatura, ora mi distrugge le sigarette una ad una tra le sue manine.
O forse è stato per quello stronzo di mio marito, che si pavoneggia per casa altamente superiore, perché lui ha smesso, e io no.
Potrei denunciarlo per violenza psicologica, ma lasciamo stare.
Sto cominciando a pensare che io mi sia iscritta al corso del Sert solo per farli tacere. Certo, mica pensavo che mi avrebbero dato subito un appuntamento. Che mi prendevano sul serio.
Poi, una volta che rispondi a quella telefonata, non puoi più tornare indietro. Non subito almeno.
Incontri di gruppo due volte alla settimana, in pausa pranzo, per due ore di fila. E poi: medico, psicologo, educatore.
Da quando vado al Sert per il corso antifumo mi sento così “utente” che tutte le volte che esco da quella saletta mi viene come da accendermi una canna.
Con me al corso c’è un tizio che ha avuto un infarto, un cardiopatico, due signori con focolai nei polmoni, una a rischio trombosi. Cose così.
Io sono l’unica sana, almeno dal punto di vista fisico.
Il mio sangue ha addirittura il 98% di ossigenazione, così diceva la prova del respiro a cui mi avevano sottoposto i medici prima che iniziasse il corso. Forse anche loro si sono chiesti perché dovevo smettere di fumare. Secondo me se lo sono chiesto anche gli altri partecipanti al corso.
Così sono cominciate le due settimane preparatorie all’astensione totale da fumo. Gli operatori sono bravi, ti accompagnano gradualmente verso la crisi d’astinenza. Il rituale del pacchetto di sigarette impacchettato, il diario da tenere ogni sigaretta che si fuma, il numero massimo di sigarette che si possono fumare, che calano, che calano, calano fino a diventare 3, le fondamentali, per poi toglierti anche quelle.
Fine.
Oggi sono cominciate le 24 ore di astensione totale dal fumo. U.S. quella che ho appena spento stamattina presto, sotto la pioggia, prima di accompagnare Blessing in ospedale.
Già, qualche sera dopo il nostro colloquio era stata male, là nel british hotel sulle rive del Po. Pearls to pigs si chiama l’agriturismo in cui è collocata in emergenza. Forse le avevano dato da bere troppo tè, che con la nebbia non si appaia. O forse troppo del loro caffè innominabile. Comunque non aveva mangiato. In compenso aveva fatto di quelle urla che aveva stecchito pure le nutrie e le pantegane, bucoliche of course, che circolavano fuori.
Avrei pagato per vedere la faccia della coppietta inglese che gestiva l’hotel.